GLAUCO di E. L. MORSELLI: UNO SPETTACOLO.

Nel racconto (2) di Matteo Giardini / atto 1.1

Sirene, tritoni, le tentazioni: …è vero! ma non è vero che siamo qui, siamo lontane!…

0 0 0 6 a 12 CIRCE Cristina Otero

[ 29/05/2016 ]

Riassunto della puntata precedente 

Sopralluogo di un poeta giovane con qualcosa di antico nella casa di mare, abbandonata. Lì sperava di andare a nozze con la figlia del mercante Forchis. Ma Scilla (questo il nome della ragazza) è fuggita con Glauco, un giovane pescatore povero ma ricco di muscoli e di desideri. Da allora il vecchio proprietario ha maledetto tutti lasciando la casa ai topi e se stesso al vagabondaggio. Sembra che la favola di E. L. Morselli cominci da qui, dal contorno di un personaggio che compare alla fine ma che si ritrova a ogni angolo con la sua armonica a bocca. Il sospetto è che sia lui a trovare le parole per quanti corrono dietro le passioni. A soffiare sulla tristezza per farne musica. 

L’arte di dormire ce l’hanno tutti o quasi. Non è un esercizio sopraffino, veramente è un’astuzia: basta non svegliare la coscienza quando tutti se la dormono (di solito al giorno) e, la notte, portare a letto il corpo stanco di belle, carnali soddisfazioni. Chi non ha i soldi per pigliarsi questi ritrovati, ma deve durare col lavoro e alcune lacrime da trangugiare, può riposarsi lo stesso dalla nausea. Il sonno è come il pane: di tutti ma guai a toccare quello degli altri. Guai a svegliare anzitempo i compagni di Glauco che, poveri pescatori come lui, lo raggiungono all’alba mezzi nudi come mamma li ha fatti. Loro dormono come campano, non hanno pudore a stiracchiarsi sotto gli occhi del più vecchio parente della terra: il sole. Glauco no, casca ma non s’adagia. Ha dormito in piedi: i pensieri. Non gli mancherebbe il lavoro da ammazzarlo né uno straccio di coscienza da portare a letto (le carnali soddisfazioni non vuole o può pigliarsele, da quando è arrivata Scilla), ma lui c’ha un cuore. Anzi che dice un cuore! Lui c’ha un’aquila ingabbiata qua dentro che urla e strappa! Ama Scilla, è vero, n’è riamato alla follia (cosa che gli risolleva quel putiferio di vita tutti i giorni uguale), ma il padre di lei dell’amore se ne infischia: la dà a chi gliela paga meglio, la sua Scilla:

“ …E allora?!… Rammenda i buchi alla tua rete, matto! ché il pesce non se n’esca ridendo alle tue spalle!… Più ne prendi e più guadagni. Più guadagni e più presto te la sposi! Quella bestia di Forchis, dell’amore se ne infischia: là dà a chi gliela paga meglio, la sua Scilla!… “  

Così tra qualche giochetto da fare con la ragazza (oppure fare all’amore che li sfianca), il pescato magro che non sfama neppure lui, quel catorcio di peschereccio che bisognerebbe pagare chi lo venisse a rottamare, Glauco ha perso l’arte di dormire. Casca in piedi, così colossale. Ci pensano quei pezzenti dei suoi compagni a fargli buu per augurargli il buon giorno:

“ …Glauco!… O Glauco!… Dormi dritto? ohé! Sbuca nonno Sole tra poco!… “

0 0 0 1 b 12 ATTO PRIMO sulla scia della mattina duc ati

Quando c’era il babbo suo, tutto bianco come la neve, Glauco si sentiva le scapole tenute come il timone, sprezzava la voce dei grilli, ascoltava suo padre: “Ringrazia gli Dei e lavora. Ama una donna sola, e lavora. La felicità non cercarla, lavora. E ti cercherà lei”. Sapeva delle sirene ma non le andava a cercare come tanti. Il padre l’aveva raggelato con le storie di porto: “E non sai che han la coda del serpe?… Maestre d’inganni!… Che se uno si fermasse così in mezzo al mare a sentirle, subito lo succhian giù nel loro gorgo tutto bianco d’ossa d’annegati!…”. Piuttosto Glauco ci sputava, poi sputava nelle mani per cominciare il lavoro. Da quando non c’è più il suo babbo, Glauco è trasognato. Esposto ai quattro venti delle tentazioni. Si mette a fare cose nascoste come guardare tra i gorghi, negli anfratti o ammiccare oltre il solito orizzonte. Si chiede cosa succederebbe se diventasse ricco sfondo, dato che i muscoli ce li ha, e duri! E se si buttasse a corpo morto nei desideri? seguisse la fortuna che lo pizzica? Dove quando? A volte si eccita a immaginare le bocche di donne aperte, che saprebbe lui come chiuderle. Fiotti d’oro, che saprebbe come farseli colare. Glauco ha perso anche l’arte di dormire, la notte tiene gli occhi sbarrati. A certi stimoli deve riportarsi da sé verso la capanna a suon di scapaccioni:

“ … (riportandosi da sé per un orecchio verso la capanna a suon di scapaccioni) Bestia matta! Toraccio sempre incornato! Che vuoi? che cerchi? che non t’acquieti mai! (…) Che Nettuno m’inforchi come un pescecane! Ma perché? perché? perché?… Dunque non vuoi più bene alla tua Scilla?… alla tua Scilluccia d’oro?… (Si mette a rammendare la rete seduto con le spalle alla barca, sì che non vede i Tritoni affaccendarsi a tirare su dal fondo del mare certe loro corbe ricolme di gemme e di monete… I Tritoni cominciano a rimescolare dentro le corbe con le loro grosse mani. Glauco getta in terra la rete e l’ago e s’afferra i suoi negri riccioli) Questa sì è buona pesca! Senti come suona bene? Pesca da re! Pesca da eroi!… ”  

0 0 0 3 e 9 ATTO TERZO lancio e morte di Glauco Fabrizio TUMBLR

Ora non sa più quel che suona o fa rumore, bene o male. Ma potrà avere una morale uno con quei muscoli? Anche Scilla per una volta gli dispiace. Piccola da proteggere? O piccola da scomparire? Glauco ondeggia fra le misure ipnotiche del sogno e del desiderio. Perde fiducia nel lavoro, smarrisce la meta e il centro. Pur di arrestare il mal di mare, vorrebbe scrivere la voce di suo padre a caratteri cubitali, tatuarsela o graffiarla su tutti quegli scogli, come certi san fare. Certi chi? Un altro che non può dormire è il poeta cacciato da Forchis perché inconcludente. Finalmente le strade libere per uno che al giorno non produce niente di pratico. Ma che almeno sa guardare alla notte col disincanto. Senti la sua armonica a bocca arrivare come il profumo delle resine. Il poeta non si chiude come Glauco nella capanna, per toccarsi e accenderle. Sa che le tentazioni ci sono, tritoni e sirene (dove si nascondono, come si travestono, i versi che fanno). Va a trovarli coi suoi cartocci di bocconi, di sorrisi e di bigiù. Lui sente in loro una domanda, Glauco crede di averci la risposta. Due uomini sono nella notte con un dramma inverso:

“ … (Nel gran silenzio solo il mare non cessa di sospirare. A un tratto, suoni di buccine, e risate d’un fragore inverosimile. Poi, silenzio ancora. Poi un pazzo sciacquio d’onde vicinissimo. …Tritoni e Sirene si affacciano qua e là, agli scogli, alla barca. …Tutte le Sirene a gara di dolcezza) Occhiazzurro! / Crin di pece! / Braccio di bronzo! / Pescatorello senza paura! / Faccia da baci! / Bocca da morsi! / Gioia delle Sirene! / Ci senti? Siam noi! Le Sirene! / Che vogliamo esser baciate! / Strette! / Morse! / Mangiate! / Da te! Da te! Da te! / E’ vero che siam tutte pazze! / Pazze per te!… 

…Ma non è vero che siam qui! / Siamo lontane! / Lontane assai! / Bisogna correrne di mare, per trovarci! / Ma tu ci troverai! E ci godrai tutte! / Se ci vuoi fatte di fiamma bruna, scottanti la notte come viscere di vittime, denti puntuti come tigri, labbra che cavan sangue a sorsate… metti la prua al sol meridiano! … / Ma se ci vuoi tutte luce e oro come la schiuma lasciata dal mare, tutta carne morbida che sfugge sempre senza staccarsi mai, tutte coperte d’una lanugine dorata così dolce a lambire… presso la case di Borea t’aspettiamo! “

0 0 0 1 o 1 ATTO PRIMO Tritoni Alex Cx

Quindi tutto torna normale, si fa giorno. Il poeta svuota le tasche dei fogli con gli appunti notturni. Prima di stendersi da qualche parte e tirare il cappello sugli occhi, mette uno spillo all’ultimo vaniloquio. Ci giurerebbe che Glauco ha scelto di scappare dalle sirene del sud e che i tritoni gli hanno bevuto il cervello:

“ …Senti come suona bene? / Pesca da re! Pesca da eroi! … / Ma bisogna andar lontano! / Bisogna osare! / Non eran poveri pescatori come te, Zeucro e Idro! Ora sono re potenti. / Ci sono isole deserte, dove superbi draghi stanno a guardia di fontane d’oro! … / Ci sono terre fertili d’uomini e di messi, che qualche vorace mostro tien soggette; e piangono! e chi chiamano chi le liberi! … / Sgozzare draghi e mostri è facile. Basta non tremare!… “

(continua)

0 0 0 1 c 2 ATTO PRIMO peschereccio da rottamare ximo ferrer tena      

da: E. L. Morselli, “Glauco” [atto Primo, scene 1 e 2], a cura di Paolo Puppa, Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 1992, pp. 29-35

– l’Autore resta a disposizione degli Aventi diritto per dichiarare la paternità o le fonti delle immagini non descritte –

Pubblicato da

Matteo Giardini

... un palcoscenico alla Letteratura!...

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